Chi sono e la loro storia
Chi è la Sacramentina?
Colei che testimonia con la vita lo «stare con Gesù davanti al Padre»: restando in ascolto silenzioso di Gesù Eucaristia si lascia totalmente cambiare da Lui fino a desiderare di fare della propria esistenza radicale dono d’amore per tutti gli uomini.
La Sacramentina non vive un ruolo appartato o fuori dal mondo, ma in Gesù, cuore del mondo, dice ad ogni cristiano la chiamata di Dio a farsi Eucaristia, pane spezzato e vino versato per tutti!
È la gioia di stare con Dio per sempre!
Perpetua non come noia eterna dove non si cambia mai ed è sempre tutto uguale, ma come rinnovamento, crescita, novità e scoperta senza fine.
La Scrittura dalle origini del mondo fino alla Pasqua ci racconta che Dio è così: uno che si mette sempre in marcia di nuovo senza stancarsi mai della ricerca dell’uomo, l’amato del suo cuore, poiché vuole ricolmarlo dei beni e stupirlo delle sue meraviglie. Questa eternità ci annuncia l’Eucaristia: noi tutti siamo già dentro un Amore che non ci mancherà mai e la nostra vita, anche se sconfitta da mille difficoltà, sta andando verso quell’unica direzione che è lo stesso cuore di Dio.
Lo scapolare rosso fuoco dell’abito sacramentino rimanda a questo dono eterno dello Spirito, l’amore del Padre e del Figlio che produce costantemente in noi novità, bellezza e durata di un rapporto tra Dio e l’uomo che sarà sempre più bello e travolgente. Ogni uomo è alla spasmodica ricerca di un rapporto d’amore così poiché è in vista di questo che siamo stati pensati e creati da Dio: noi abbiamo bisogno di una cosa sola per vivere: stare nell’amore di Dio per sempre. Solo da questa fonte potremo imparare ad amare e a lasciarci amare dagli altri.
Il Monastero delle Sacramentine di Vigevano fu pensato, desiderato e realizzato dalla paterna sollecitudine di un Vescovo, Mons. De Gaudenzi, che volle dare alla sua amatissima città «quella struttura spirituale ed eterna che plasma la materia e la rende viva e pulsante». Mentre infatti troppi si preoccupavano del corpo della città in grande sviluppo economico-sociale ed urbano il Pastore pensava al suo cuore ed al modo più autentico di tenere desto in lei il fuoco della fede, la ricerca senza sosta del suo Signore, la testimonianza dell’amore. Speranza sempre attuale per l’uomo e mai spentasi nei secoli, di incontrare nel tempo e «oltre il tempo» quel Dio straordinario che è venuto a condividere la storia umana e che in Gesù di Nazareth si è manifestato come Dio con noi.
Chi più delle Adoratrici del Sacramento Eucaristico, fonte di vita per tutti e ciascuno, poteva meglio incarnare questi suoi profondi desideri di Vescovo, Pastore e Padre? Così il 6 giugno 1876 giunsero da Torino le prime Monache che diedero inizio all’Adorazione ininterrotta del Santissimo Sacramento, giorno e notte, rendendo il tempo e la storia di Vigevano il cammino visibile di un amore che ti porta in diretta al centro del cuore di Dio. Da questo punto focale proviene ogni storia umana e verso questo ogni storia ne è orientata e fa ritorno. Nella preghiera silenziosa, nascosta e adorante delle Sacramentine, Vigevano è costantemente accompagnata, sostenuta e raggiunta da quel filo rosso che arriva proprio da Dio e ci rende famiglia chiamata da Gesù Eucaristia e posta a sedere intorno alla tavola imbandita a festa dal Padre Nostro che è nei cieli.
L’Adorazione non è solo un atto di culto reso a Gesù presente nell’Eucaristia, ma è un entrare progressivo dentro il cuore di Dio. Atteggiamento richiesto a chi compie questa strada è puntare lo sguardo senza mai distoglierlo da Colui che ci ama fino a donare la sua stessa vita. L’Adorazione è espressione dell’Amore ed è presente in Dio stesso: il Padre guarda continuamente a suo Figlio si compiace del suo «farsi dono all’uomo», il Figlio sta al cospetto del Padre e gioisce della sua infinita misericordia che perdona, lo Spirito-Amore unisce i due sguardi in un unico cuore pulsante per ogni uomo e per il mondo. Chi adora, dunque, rimane costantemente stretto a Gesù, l’Uomo-Dio, con gli occhi rivolti al Padre ed è ricolmato dal desiderio di ringraziarlo per la sua bontà senza limite. Ma a poco a poco l’abbraccio con Gesù trasforma la vita e fa passare dall’egoismo (sguardo su di sé) alla totale generosità (sguardo fuori di sé) nella gioia di poter diventare come Gesù un dono d’amore per i propri fratelli. ADORARE = diventare EUCARISTIA VIVENTE, ossia vita che si vuole regalare per quanti hanno fame e sete di Dio, Lo ricercano ma non sono ancora capaci di vederlo, Lo desiderano ma ancora Lo sostituiscono con beni relativi e non adatti al cuore umano attratto dall’Infinito.
L’Eucaristia è un mistero della fede. Essa è il centro ed il vertice della storia della salvezza, il memoriale delle grandi opere di Dio. Così si esprimeva S. Giovanni Crisostomo: «Inchiniamoci a Dio, senza contraddirgli, anche se ciò che Egli dice può sembrare contrario alla nostra ragione ed intelligenza; ma la sua Parola prevale sulla nostra ragione ed intelligenza. Comportiamoci così anche riguardo al mistero eucaristico, non considerando solo quello che cade sotto i nostri sensi, ma stando alle sue parole, perché la sua Parola non può ingannare») Tutti i sacramenti sono segni che rendono attuale il mistero salvifico di Cristo, ma nell’Eucaristia tale mistero raggiunge tutta la sua pienezza di efficacia di grazia.
È nell’Eucaristia che il Verbo di Dio incarnato si dona al mondo ed è in essa che il cristiano aderisce al piano di redenzione attuato da Cristo ed ideato da Dio Padre. Se tutti i sacramenti contengono una potenza salvifica conferita ad essi da Cristo, l’Eucaristia contiene Cristo stesso, nostra Pasqua e pane vivo che mediante la sua carne, vivificata dallo Spirito e vivificante, dà la vita a tutti gli uomini.
La Chiesa vede nell’Eucaristia «la norma di tutti i mezzi di santificazione». L’accettazione della Parola di salvezza può avvenire anche al di fuori della celebrazione eucaristica, ma ciò è possibile solo in virtù dell’evento che nell’Eucaristia, attualizza l’unico sacrificio operato da Cristo Sacerdote una volta per sempre.
Nel momento in cui Cristo si dona ai suoi nell’Eucaristia, la sua vita diventa la loro vita, il suo Spirito è anche il loro Spirito. Così scriveva S. Leone Magno: «La partecipazione al Corpo ed al Sangue di Cristo non opera niente altro che la nostra trasformazione in ciò che riceviamo». È per questo che l’Eucaristia è la fonte ed il culmine della vita della Chiesa. Senza la comunione eucaristica con il Cristo Signore non c’è piena comunione ecclesiale, senza la comunione ecclesiale non c’è vera comunione nell’Eucaristia. Ne consegue che senza Eucaristia non c’è Chiesa, la quale «vive dell’Eucaristia» .
Le Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, più familiarmente per noi conosciute come: ” Suore Sacramentine”, sono state volute con ostinata tenacia dal Vescovo Mons. Pietro Giuseppe De Gaudenzi. Interessante, però, è vedere come si è giunti a questa fondazione claustrale attraverso le tante e varie difficoltà, prima fra le quali è da annoverare il periodo storico non favorevole a tali eventi. Infatti la tendenza liberale e moderata dello Stato Italiano recentemente formatosi (1861) inducevano lo stesso a procedere ad una radicale e drastica riforma degli ordini religiosi che implicava la soppressione di buona parte degli istituti a cominciare da quelli contemplativi e mendicanti.
Le cronache del Monastero aprono così la loro narrazione «…due damigelle diocesane desiderose di consacrarsi a Dio, ma indecise sulla scelta dell’Ordine e bramando di impiegare i loro beni per la fondazione nella loro Patria che ne era priva. Conosciute le intenzioni di Mons. De Gaudenti acquistarono una casa che era di proprietà della famiglia Biffignandi e si trovava in fondo a Via Deomini, nella piazzetta S. Ignazio. Questa doveva abbattersi per il cattivo stato in cui si trovava. L’acquisto fu offerto al Vescovo per il futuro Monastero. Il Vescovo scrisse a Torino al Monastero delle Adoratrici Perpetue del S.S. Sacramento». Il Motti scrive: «…Aveva voluto nella sua Diocesi un Monastero di Adoratrici Perpetue per il maggior culto Eucaristico con lo stesso entusiasmo con cui l’aveva sognato 40 anni prima a Torino…».
Suor Maria di Gesù e S. Giuseppe Disperati, pronipote della Madre Fondatrice M. Maria Maddalena dell’Incarnazione e Superiora del Monastero di Torino, accolse con entusiasmo la proposta: «…provvidenziale anche perché data la tristezza dei tempi, la novella casa servirebbe come rifugio alle Torinesi se scacciate… ». Se vogliamo documentarlo occorre vedere la lettera datata 28 luglio 1872 inviata dal Vescovo Mons. De Gaudenzi al Monastero di Torino perché «da quell’istante ebbe inizio un carteggio ininterrotto tra il Vescovo e la Superiora di Torino per gettare le basi della nuova fondazione…»..” Il 10 settembre 1872 le cronache registrano la prima visita della Madre Superiora a Vigevano: «Su pressione del Vescovo, accompagnata da Don Serra e Suor Maria Stanislaa di Gesù Sacramentato furono accolti da Mons. Vescovo che li invitò alla sua mensa con tante dimostrazioni di affetto e di riconoscenza e soddisfazione. Nel pomeriggio visitarono la casa e il terreno della nuova fondazione. La Madre vede la piccola casa da ridurre a Monastero… esigenza quindi di grandi spese anche per edificare la chiesa… Riparte per Torino la sera stessa…». L’esito di questo sopralluogo non è positivo: «…La nostra Superiora scrive al Vescovo per rinunciare per mancanza di mezzi…», ma «il Vescovo rispose con una bellissima lettera dove invita ad affidarsi alla Provvidenza che non avrebbe mancato. Questa lettera fa da scintilla per togliere i dubbi; si riprese il carteggio…>>
La convenzione di base è che la casa di Vigevano doveva essere una filiale della Casa Madre di Torino e servire come rifugio a quelle Suore se fossero state scacciate da Torino. Sullo stesso tono è il parere espresso da Mons. Lorenzo Gastaldi e riportato dalla lettera del 10 ottobre 1872 inviata dalla Madre Superiora al Vescovo De Gaudenzi: «…Anzitutto Mons. Arcivescovo mi incarica di porgere a V E. R.ma distinti e cordiali suoi saluti, quindi rispose che se il Breve Pontificio concede alla Superiora di Roma il permesso di fondare nuove case pare però che non lo proibisca alle altre. Del resto il suo modo di agire sarebbe che V.E.R.ma proseguisse alla fondazione di autorità propria vescovile, indi chiedesse direttamente alla Santa Sede che il nuovo Monastero goda dei privilegi e delle indulgenze concesse a quello di Torino e che il nuovo Monastero debba seguire la Regola ivi vigente…». La medesima lettera citata si chiude con un inciso ben augurante: «Mi fa piacere che i lavori s’incomincino fra breve…». Il 15 ottobre 1872 Giuseppina Oldani con il Vescovo, che ha benedetto, pone la prima pietra della cinta di clausura che lei, con la sorella, si erano incaricate di far costruire.
Le cronache annotano pure che «sorgono vari benefattori a cui è nota la fondazione… una ricca famiglia beneficiaria di Torino si prende a carico la edificazione e l’addobbo della Chiesetta da annettere al Monastero». Questa pubblicità desta a Torino delle preoccupazioni: «A vedere un brano di giornale in cui facevansi rimproveri al Prefetto di Torino, perché nei Monasteri di questa Città ancora si ricevono giovani e fra gli altri adducevasi il nostro come esempio… al Demanio già si conosce il pro-getto della Fondazione costì ed assai se ne parla… questa potrebbe recarci gravi danni… ». Non risulta però che il detto timore abbia avuto successive ripercussioni.
Sorge però subito una prima difficoltà circa la proprietà del nuovo Monastero’: «Al 18 ottobre del medesimo anno (1872) l’affare della fondazione entrò in una nuova fase; fase di difficoltà e di ostacoli imprevisti che sembrarono dover mandare a monte ogni cosa…». All’inizio dell’intesa Mons. De Gaudenzi esponendo il suo desiderio alla Superiora di Torino, aggiunse pure che per quanto riguardava la proprietà della futura novella costruzione: «…attesa la tristizia dei tempi i quali non permettono più ai Monasteri di possedere come Enti Morali, le due compratrici della casa e terreno ne cederebbero la proprietà al Vescovo per istituirvi un Monastero… ».
Questo accordo è accettato da ambedue le parti in causa in quanto al Vescovo rimarrebbe la proprietà della casa e alle Adoratrici l’uso.
A questo punto le cronache registrano l’intervento di Mons. Gastaldi «…il quale ama molto il Santo Istituto ed aveva pienamente approvato l’accettazione della nuova Fondazione, richiedesse al Padre Confessore Don Serra che si era recato a fargli visita, di chi era la proprietà di Vigevano ed udita la cosa riferitale in tutta la sua schiettezza dal Padre Serra, dicesse che il lasciare in tale guisa la proprietà al Vescovo non era possibile… ». A conferma vale la pena di citare una lettera dello stesso Mons. Gastaldi del 9 novembre 1872 ad un «Mons. mio veneratissimo…» del quale Don Pierangelo Massetti non è riuscito a reperire il nome:
«…Io diedi permesso tempo fa alle mie monache Sacramentine di aprire una casa ossia stabilire una Fondazione in Vigevano sub conditione esplicita che quella le quali partirebbero da Torino e andrebbero a stabilirsi a Vigevano diverrebbero esse stesse proprietarie coram lege civitati dell’edificio, casa, chiesa, cortile, giardino se vi è in cui la nuova famiglia verrà stabilita nella città del vilis gleba fui sed nunc ubirissima tellus Prima che tale condizione sia adempiuta nessuna delle mie Adoratrici si muoverà da questa ex-capitale…. «…nel principio non si può fare diversamente da quello che detto più sopra e quindi spero che San Giuseppe col suo bastone rimuoverà ogni ostacolo all’inseguimento di questa condizione, sine qua non… ».
Nella medesima lettera citata, appare contemporaneamente quella che sarà la via di uscita
«Si potrà apporre la condizione che sul caso in cui tutte tre le torinesi (per così esprimersi) le quali diverranno proprietarie di Vigevano, ritornassero a Torino per non ritornare poi mai a quella città, debbano rimettere la proprietà ad alcune di quelle che saranno in Vigevano… ». Tornando però alla narrazione delle Cronache, la questione della proprietà sollevata da Mons. Gastaldi appare come ingiunzione alla superiora del Monastero di Torino per il blocco della già iniziata fondazione: Mons. De Gaudenzi avrebbe dovuto cedere o, più precisamente avrebbe dovuto far cedere legalmente il tutto dalle proprietarie ad alcune religiose torinesi. Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe, obbedendo al comando ricevuto, scrisse subito al Vescovo
«… il quale rimase alquanto ferito per una tale lettera riguardandola come una mancanza di fiducia in Lui e non, come era difatti, quale una misura di prudenza suggerita dalle attuali circostanze, dalle leggi vigenti e più ancora in vista dell’avvenire che del presente, apperciò rispose tergiversando e senza venire ad una qualche pratica conclusione; numerose furono le lettere scambiate su questo argomento… ». Le Cronache parlano pure di una lettera personale di Mons. Gastaldi al nostro Vescovo, Mons. De Gaudenzi, scritta in novembre ma anche questa volta si registra una risposta evasiva; la Superiora
«sul finire di Dicembre gli rinnovò la domanda già fattagli indarno altre volte di ritornarle la S. Regola che a sua richiesta gli aveva imprestata in principio che si parlava della fondazione… » senza però ricevere soddisfazione. Chiuso il 1872, il nuovo anno vede la risoluzione del caso anche se inizialmente si è andati molto vicini alla rottura. In una lettera del 5/1/1873 scritta da Madre Maria di Gesù e dì San Giuseppe a Mons. De Gaudenzi oltre a risultare il comprensibile stato di tribolazione dello stesso Vescovo, è riportato anche il parere, richiesto, di un legale: «…non vi è modo di assicurare stabilmente la proprietà del monastero contro qualsiasi pericolo se non facendo un Atto legale, oneroso, bilaterale col quale la Giuseppina Oldani trasferisse la proprietà della Casa ad alcuni individui della comunità di Torino ma che in tale atto non si poteva andare avanti se non colla buona fede e non dovevasi per nulla nominare né il Monastero né le Religiose Adoratrici e di più che tale Atto non si può fare se non quando la Giuseppina sia professa e ciò per maggiore libertà e sicurezza d’ambo le parti e soggiunse quel che già altre volte le scrissi che il Testamento non basta per-ché è un atto sempre revocabile…»
Il discorso è quindi molto chiaro anche perché proseguendo nella citazione:
«…per quanto riguarda le spese da farsi. Per quel che mi concerne mi credo in dovere di significarle che per il momento non intendo più farne nessuna… poiché tali spese anche per un altro motivo di interesse non si riprenderanno se non quando, dopo la professione della Giuseppina il contratto sarà ultimato…». La chiusura della lettera è sulla stessa linea di azione «…attendo eziandio in proposito un’ultima decisiva rispasta da V.E.R. …». Anche questa missiva però deve essere andata a vuoto, perché la lettera successiva sempre diretta al Vescovo” riporta la necessità di un confronto diretto delle due posizioni attesa la comune necessità di giungere ad un «dunque». Il 15/1/1873 sono a Vigevano per il colloquio, il cav. Vincenzo Anglesio e il confessore delle Adoratrici Padre Serra per «esporre a Monsignore il vero stato della questione e spingerlo a dare una risposta definitiva ovvero rompere ogni trattativa». L’esito della discussione è portato dagli stessi relatori alla Madre Superiora «Mons. De Gaudenzi accettava bensì in massima la cessione della proprietà ma voleva in cambio alcune guarentigie, come di fissare l’epoca dell’Apertura della nuova Casa, il numero delle Religiose che vi si recherebbero ed altre cose somiglianti… ».
La risposta di Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe al Vescovo fu decisiva «non potendogli dare le guarentigie che bramava, non avendo che da offrirgli la nostra buona volontà perciò si rinunziava alla Fondazione». Toccato a questo punto il fondo della questione, si pensava che ormai tutto era andato in fumo ma, al contrario, dopo una tale comunicazione, Mons. De Gaudenzi cedette nella sua posizione: «piuttosto che rinunziare ad avere le Adoratrici nella sua Diocesi era pronto a tutto anche a cedere la proprietà senza nessuna guarentigia appoggiandosi unicamente alla nostra parola ed alla nostra buona volontà come gli era stato scritto». Grandissima fu la consolazione della Superiora e di tutte le religiose di Torino. In una lettera del 23/1/1873 al Vescovo, Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe scrisse che si accettava definitivamente la fondazione e nella prossima primavera si sarebbero iniziati i lavori secondo le disponibilità economiche. Il 4 marzo giungono al monastero di Torino Giuseppina Oldani e Carolina 0ldani, le due donatrici della casa, per dare inizio al loro cammino di vita monastica. Il 17 del medesimo mese Mons. De Gaudenzi è a Torino per assistere alla cessione legale della proprietà delle sorelle Oldani, fatta con un atto legale di vendita ora conservato nell’archivio del monastero di Torino. Le nuove proprietarie sono tre religiose naturalmente nominate con il nome secolare.
Il piano dei lavori da eseguire fu affidato su proposta di Mons. Vescovo all’architetto vercellese Giuseppe Locarni suo conoscente, la proposta trovò concordi sia la Madre Superiora che il cav. Anglesio. Il Locarni si recò subito a Torino per prendere accordi quindi a Vigevano per vedere la località poi presentò il suo disegno che venne accettato quasi per intero. Pronti quindi a partire, ma sorge un nuovo problema: una famiglia benefattrice si era offerta di edificare la chiesa della fondazione vigevanese ma per «circostanze sue proprie quella famiglia che non mai aveva mancato alle sue promesse, scrisse che non poteva più mantenere la parola data». «Quale colpo sia stato questo per tutto, è facile immaginarlo poiché raddoppiava per dire così la spesa che il Monastero doveva fare con mezzi affatto insufficienti; tuttavia la cosa era ormai troppo avanzata da poter retrocedere per cui abbandonandoci totalmente in Dio, la Madre decise di proseguire nell’opera intrapresa, e di far appello ai nostri Benefattori… , così le Cronache. La risposta a questo appello è duplice: alcuni minacciano di ritirarsi dalla loro opera benefica finora portata avanti verso il monastero di Torino, ma altri si fanno avanti e approvano con il loro contributo la nuova fondazione. Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe può scrivere a Mons. De Gaudenzi esprimendo la sua preoccupazione e contemporaneamente la sua delusione:
«…siamo poverissime … quanto le promisi proviene interamente da largizioni fatteci dai nostri benefattori e non già da redditi che assolutamente ci mancano, … mi è di conforto il trovare che approva la Santa Opera … tuttavia le spine sono sempre più numerose delle Rose…».
L’invio e la raccolta di fondi comunque c’è stata e le Cronache’ riportano l’elenco di chi è intervenuto con la sua generosità.”
Prima di dare inizio ai lavori venne pure acquistata una casa” vicina alla proprietà del monastero, questo per potersi estendere con tranquillità, nella costruzione. Siamo a fine marzo 1873, i lavori inizieranno alla fine di giugno. Nel frattempo la Superiora di Torino ha inviato al Vescovo varie lettere di sollecito per poter iniziare presto, vista anche la stagione primaverile quindi adatta all’iniziativa. Interessante e nello stesso tempo completamente contraria alle prime preoccupazioni è la lettera del 30 aprile 1873:
«…mentre prima V.E.R. cotanto ci sollecitava… come ad un vero Padre mi permetto di svelarle un timore che mi venne a questo proposito ed è che Ella dopo che ci conobbe maggiormente non sia forse più così ansioso di vederci stabilite nella sua Diocesi! Il fatto sta che vedendo la piega così lenta che prendono le cose presumo che non potremo essere in Vigevano prima del ’76 poiché Mons. Arcivescovo ci proibì espressamente di recarci se i muri non sono perfettamente asciutti…».
Immediatamente parte la risposta di Mons. Vescovo per frugare un tale timore e confermare il vivo e comune desiderio.’ Dalla lettera precedentemente citata appare anche che per la costruzione della chiesa doveva interessarsi lo stesso Mons. De Gaudenzi interpellando un certo conte Mella per il disegno. Il tutto è rimasto nell’intenzione perché in una lettera del 19 maggio 1873 la Superiora scrisse al Vescovo:
«Come aveale annunziato scrissi in questi giorni al sig. conte Mella e ricevetti or ora un riscontro sconcertante: “Mons. De Gaudenzi non si è punto sbagliato nel presuppormi disposto a servirla essendo che è cosa nota a tutti aver io dedicato questi ultimi anni del viver mio a servizio gratuito della Chiesa. Ma mi avvengo dal di lei gentil foglio che’Ella è in errore supponendomi al corrente o quanto meno iniziato dell’impegno di cui tratta e del quale è la prima volta che me ne vien fatta parola. Ma malgrado ogni mia miglior disposizione sono quest’anno ed apparentemente fin oltre la metà del venturo fortemente appreso da lavori precedentemente assunti che non mi è fattibile di poterne assumere altri…”.
«L’E.V.R. ben comprende che non ci è possibile indugiare… siccome il sig. Locarni deve qui recarsi se E.V.R. nulla mi scrive in contrario l’interpellerò se vuole incaricarsi Lui stesso per tracciare il disegno della Chiesetta…». Quindi sia per il monastero che per la chiesa è incaricata un’unica persona per stendere i disegni: il già citato architetto Giuseppe Locarni; il suo operato fu approvato per cui può essere inviato a Vigevano al Capo Mastro” Antonio Boggio per dare inizio ai lavori. Proseguiamo con le Cronache «fine giugno (1873) si poté mettere mano ai lavori sotto la direzione di Antonio Boggio, fattore e coll’assistenza di un capo mastro vigevanese e operai vigevanesi».
Operai e capo mastro lavoravano male per cui si decide di affidare il lavoro al nipote del fattore: Antonio Boggio. Il Vescovo subito non approvò ma poi fu soddisfatto. Nel frattempo le cronache annotano” che Giuseppina Oldani riceve, il 7 luglio, per mano di Mons. De Gaudenzi, il Santo Abito assumendo il nome di Suor Teresa di Gesù, Maria e Giuseppe.
A settembre è quasi terminata la cinta di clausura e sono già gettate le fondamenta della piccola parte di monastero, che sarà di primo uso, e della Chiesa. Il coro monastico è reso capace di 36 presenze. Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe viene personalmente a Vigevano il 25 settembre 1873 e vede con soddisfazione che i lavori procedono.
Contemporaneamente procede in avanti anche un’opera di deviazione. Ce ne dà notizia la Superiora di Torino:
«… ricevuto la preziosissima sua di ieri… Vani timori ch’ella non ci bramasse più nella sua Diocesi… Lo smarrimento delle sue lettere… poiché ieri ricevendo il suo dispaccio né sapendo a chi attribuire la sua risposta negativa ne concludemmo ch’ella era di noi scontenta…». Questa intercettazione di lettere comunque non ha prodotto nient’altro che spiacevoli malintesi subito però corretti da ambo le parti.
Ho tralasciato di notarlo prima comunque nei numerosi dispacci inviati, Mons. De Gaudenzi accludeva anche le sue numerose lettere pastorali e circolari suscitando sempre in monastero a Torino, stima e riconoscenza. In novembre” la Madre scrive al Vescovo che sospende i lavori per mancanza di mezzi, tuttavia entro due mesi il tutto riprende, perché una probanda torinese, Luigia Vicino, destina i suoi beni per la nuova fondazione. Il 12 maggio 1874 la Madre è a Vigevano per vedere i lavori e ne rimane soddisfatta. Dal canto suo la vita del monastero di Torino prosegue nei suoi ritmi quotidiani; a noi interessa notare: il 20 luglio 1874 la professione di Suor Teresa di Gesù, Maria e Giuseppe (Giuseppina Oldani) e, qualche mese prima, la vestizione di Rosa Oldani, sorella di Giuseppina.
Nel capitolo della famiglia Oldani le Cronache annotano contemporaneamente agli eventi citati prima, la generosa offerta di Paolina Oldani (la più giovane delle sorelle) per edificazione dell’Altare dell’Addolorata nella nuova erigenda Chiesa del monastero. Il 5 maggio 1875 la Madre con la segretaria, il cav. Anglesio e Padre Serra sono a Vigevano; sorpresi di tanto lavoro fatto, ritornano a Torino con la speranza di poter aprire presto la nuova fondazione filiale. Suor Maria Costanza di Gesù Abbandonato, fatta la sua professione religiosa in questo anno (1875) lascia il suo patrimonio per ultimare gli altari della chiesa”’. Rimanendo sullo stesso argomento, «…verso la fine del 1875 si commissionano due quadri: quello del Cuore di Gesù, a cui sarà dedicata la chiesa, a Giovanni Garbarino, vigevanese di buona fama; e quello dell’Addolorata a Enrico Reffo di Torino». Scorrono i giorni, si apre il 1876, l’anno della fondazione a Vigevano.
Il 5 giugno 1876 le Adoratrici arrivano alle ore 23,30 alla stazione di Vigevano. Sono partite da Torino: Madre Maria di Gesù e di San Giuseppe; Suor Maria Serafina di San Michele, futura superiora, ma fintanto c’è la Madre, è Vicaria; Suor Maria Assunta di San Filomena, anziana; Suor Maria Candida di San Giovenale; Suor Maria Costanza di Gesù Abbandonato (Oldani) e le due serve di Maria Domenica Mensio e Giovannina Rolfo e con esse la portinaia del monastero di Torino Maddalena Boggio. La scelta di arrivare a tarda ora era per evitare inconvenienti anche se non giovò: «Ad Alessandria trovarono Antonio Boggio, il fattore che era venuto ad incontrarle per accompagnarle… Giunte a Vigevano senza inconvenienti; alla stazione alcune persone guardano curiose. Passando vicino a un gruppo di giovani ricevono parole poco benevoli e non accoglienti… perché si era riconosciuto Antonio e Suor Maria Costanza… »
Il giorno seguente – 6 giugno 1876 – le Cronache registrano nuovi arrivi da Torino”, tra questi: don Corsi, nuovo confessore di Torino e don Peroglio destinato confessore qui a Vigevano. Nel pomeriggio dello stesso giorno don Corsi e il cav. Angiesio si recano da Mons. De Gaudenzi per annunciare l’avvenuto arrivo, «ne fu consolatissimo perché ne era al corrente ma non avendo fatto sapere più nulla per una nuova divergenza’ col monastero di Torino, temeva un ritardo». Mons. De Gaudenzi concesse subito la conservazione del Santissimo Sacramento in qualche camera dove si poteva celebrare anche Messa nell’attesa di aprire la Chiesa, avrebbe lui stesso provveduto per la pietra sacra e in seguito donato l’altarino della sua cappella..’ La prima visita del Vescovo al novello monastero è registrata il 7 giugno 1876.
In occasione della Consacrazione di questo piccolo Tempio ed Altare (durata circa sette ore) officiata dal Vescovo Mons. Pietro Giuseppe De Gaudenzi il 23 giugno 1876, Festività del Sacro Cuore di Gesù, viene pubblicato un fascicolo così testato: «In occasione della Consacrazione della Chiesa ad onore del SS. Cuore di Gesù eretta in Vigevano dalle Adoratrici Perpetue di Gesù Sacramentato e dell’inaugurazione del culto perpetuo all’Eucaristico Mistero – Orazione di Mons. Pietro Giuseppe De Gaudenzi, Vescovo di Vigevano, nella festività del S. Cuore 1876». Vi si trova pure scritto: «questo nuovo Tempio è il primo che sorga a Tuo onore (SS. Cuore) in queste contrade, anzi in tutta Italia… «Dopo inaugurerò il culto perenne all’Eucaristico Mistero, l’opera più stupenda, più pietosa del SS. Cuore di Gesù, Mistero per cui Gesù si rende veramente Emanuele, ossia Dio con noi…».
Per la città di Vigevano si è aperto un nuovo capitolo nel grande libro della storia. L’innesto in città è avvenuto, ma prima di divenire realtà autonoma si susseguono altre variegate difficoltà. Da queste non sono disgiunti altrettanti eventi lieti e gioiosi. Si deve intravedere sempre al fondo una mano più grande e potente della nostra che «taglia e cuce» secondo un prestabilito disegno che a noi non sempre è dato di capire. Il 28 febbraio 1907 viene solennemente celebrato il Primo Centenario della Fondazione dell’Ordine delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento, la popolazione di Vigevano è chiamata a partecipare alle funzioni celebrative svolte nella Chiesa del Monastero.